Il nome
Sin dalla fine del Cinquecento si fa riferimento al nome Aglianico derivante dal termine Ellenico o Ellenica, connotando il vitigno con un’origine greca. Secondo alcuni studiosi è glottologicamente impossibile che Aglianico possa derivare da Ellenico, considerato che l’aggettivo usato dai latini per designare l’appartenenza di uomini e cose alla Grecia era Greacus. Un’altra teoria farebbe risalire il nome all’antica città di Elea (Velia), sulla costa campana. Recenti studi avanzano l’ipotesi che il nome possa derivare dalla gens Allia, un’antica famiglia romana (II sec. a.C. – I sec. d.C), con proprietà e attività in tutta la penisola. In seguito all’eruzione del Vesuvio del 79 d. C., gli Allii avrebbero “ripiegato” verso l’interno (Appennino Campano e Lucano), portandosi dietro tralci di questo vitigno. Lo storico sannita Riccardo Valli sostiene, invece, che la forma Glianica deriverebbe dallo spagnolo Llano (piano, pianura).
La diffusione
L’Aglianico è il vitigno a bacca nera più diffuso nella provincia di Benevento, identificando perfettamente la vitivinicoltura sannita. Vitigno coltivato da secoli nei diversi ambienti collinari del Sannio Beneventano. Giuseppe Frojo (1876) indicava l’uva Aglianica come la varietà predominante nell’ampia fascia di territorio che si estende dal Massico ai monti della Lucania, specificando che a questa varietà «si mescolavano secondo i luoghi altre uve», ottenendo vini che si potevano paragonare «ad un quadro nel quale il fondo resta lo stesso e solo se ne mutano gli accessori».
Dalle uve di questo vitigno si ottengono i vini Aglianico del Taburno Docg, nelle tipologie Rosato (il primo rosato a Docg in Italia), Rosso e Riserva. L’Aglianico rappresenta il vitigno principe di altre produzioni di pregio, come i vini Sannio Doc Aglianico, con le sottozone Guardiolo, Sant’Agata dei Goti e Solopaca.
Le caratteristiche
La coltivazione secolare del vitigno Aglianico nel Sannio ha selezionato il biotipo Amaro, che presenta alcune differenze con il biotipo coltivato nell’areale taurasino e con quello del Vulture. Da tenere ben presente che si tratta sempre dello stesso vitigno, come messo in luce da studi recenti, motivo per cui nel 2018 è stata riconosciuta la sinonimia tra Aglianico Nero e Aglianico del Vulture Nero.
Il vitigno presenta una foglia adulta di grandezza media, orbicolata o leggermente cuneiforme, pentalobata. Picciolo non molto robusto, piuttosto corto, glabro, verde chiaro con leggere sfumature rosee. Grappolo di media grandezza e compattezza, semplice o alato con una o due ali ben sviluppate, cilindrico o conico, di grandezza media (generalmente dai 14 ai 18 centimetri); peduncolo erbaceo e semilegnoso alla base, visibile, non molto corto, sottile; pedicello medio o corto, verde con striature rossastre; cercine evidente, color verde carminato, di difficile separazione dall’acino. Acino di forma sferoide, regolare, grandezza media (millimetri 12 – 15); buccia ricoperta da abbondante pruina, di color blu uniformemente distribuito (può presentare casi di acinellatura verde del grappolo), quasi coriacea, spessa; succo incolore, polpa succosa di sapor franco, acidula; numero medio dei vinaccioli da 2 a 3, piriformi con becco sottile, piuttosto piccoli, superficie rugosa, colore rosso vinoso carico.
L’Aglianico è un vitigno dal ciclo vegetativo lungo, con germogliamento e fioritura precoce, invaiatura media e una tardiva maturazione delle uve, che si raggiunge nella terza epoca (spesso si arriva anche ai primi giorni di novembre).
Vitigno robusto, di discreta fertilità delle gemme e abbondante produzione. Si adatta bene ai diversi portainnesti. Da buoni risultati allevato con l’antico sistema della “raggiera” e si adatta bene anche all’allevamento a spalliera.
Presenta una buona resistenza all’oidio, un po’ meno alla peronospora e va soggetto al marciume dell’uva specialmente in autunni piovosi o umidi.
Predilige terreni argillosi e calcarei, climaticamente cresce bene su colline ventilate, dove si registrano inverni non troppo rigidi e dove il vitigno non patisce il caldo eccessivo e la siccità.
Il vino
La prima descrizione del vino Aglianico è opera di Sante Lancerio, il bottigliere di Papa Paolo III, che nel 1559 scriveva: «Tali vini sono anco carichi di colore, e ne sono delli discarichi molto migliori e più pastosi. A volere conoscere la loro perfezione, vuole essere odorifero, di poco colore e pastoso. Di tali vini S.S. beveva molto volentieri, e dicevali bevanda delli vecchi, rispetto alla pienezza». Quattro decenni dopo, Andrea Bacci (1596), parlò dell’Aglianico come un vino «robusto specie se ottenuto da vendemmie secche e non umide, e conservato in ottimi recipienti. Infatti diviene profumato e succoso, gradevole al gusto, assai dolce e fermo; perciò è di molto nutrimento e capace di rinforzare lo stomaco, e le altre membra, piuttosto che aprirlo». Tre secoli dopo, Frojo (1871) illustrava: «Quest’uva vien ben sui terreni calcarei e su quelli vulcanici, tanto antichi che moderni, ma un buongustaio potrebbe bevendone il vino riconoscere da qual terreno l’uva è stata prodotta, ed ecco per quali caratteri. L’aglianica dei terreni vulcanici moderni dà un vino gentile, leggermente austero, scarso però di aroma; quella dei terreni vulcanici antichi dà un vino che si distingue per un aroma tutto suo, aroma che è maggiore quando il vino si conserva dolce, e che diminuisce a misura che il vino diviene secco. Finalmente l’aglianica dei terreni calcarei argillosi, purché bene esposti, è piuttosto austera, ma nello stesso tempo ha un aroma a parte delicato e piacevole, questo vino invecchiando diviene sempre meno austero e più profumato. Dunque la medesima uva dà tre vini perfettamente diversi tra loro […]».
Il livello zuccherino e quello acidico del mosto alla vendemmia sono abbastanza elevati. L’Aglianico non è un vino immediato, bisogna dargli tempo. Per cominciare a esprimere le sue qualità deve invecchiare dai 3 ai 5 anni (a seconda della tipologia) anche se dà il meglio quando raggiunge lungo invecchiamento (dieci anni).
Il profilo sensoriale del vino da uve Aglianico biotipo Amaro, presenta un colore rosso rubino intenso e vivace, che tende al granato con l’invecchiamento. Il profumo è fine, complesso con note fruttate di mora, prugna, note floreali di violetta, note speziate di liquirizia, chiodi di garofano e pepe nero. Al gusto è secco, tannico, di buona acidità e di buona struttura e persistenza. È un vino importante, che si accompagna a pietanze strutturate, a carni rosse e formaggi stagionati non piccanti, ma è anche un ottimo vino da meditazione.