L’Azienda si trova a Casalduni nel Beneventano, in un triangolo di terra a ridosso del Massiccio del Taburno dove sostavano e riposavano i briganti negli anni in cui si stava formando l’Unità d’Italia e dove gli scontri tra partigiani borbonici e truppe savoiarde furono estremamente dolorosi per la popolazione locale. Un triangolo di terra dato dalla pagliaia di Contrada Colli, la Fontana Greca e bosco Ferrarise, zone che ancora oggi sono permeate da racconti e leggende, inclusa quella della maledizione del tesoro dei briganti, rinvenuto da un paesano, poi colto negli anni da una serie impressionante di sciagure familiari. Ora la situazione è cambiata ed i briganti non ci sono più anche se sono rimasti nel nome e sulle etichette a segnare un orgoglio per la storia vissuta dai propri avi. Incontrare Toni e Romeo De Cicco è come fare un percorso inverso all’evoluzione del territorio. Si torna indietro e si parla di terra, mettendo le sue caratteristiche nude al centro della conversazione, quella terra orgogliosa e oggetto di tanti misfatti storici, spesso ignoti a chi ha voltato le spalle a quel periodo storico, magari in nome di una visione accomodante e anche un po’ facilona della storia nazionale. Toni e Romeo sono due fratelli che quando parlano di vino, del loro vino, non lesinano dettagli storici, oltre che una visione ed una sapienza anche commerciale perché essere agricoltori nel nuovo millennio vuol dire essere viaggiatori e conoscere come lavorano gli altri. Perché il vino … non si vende da solo, come è noto. Perché chi fa vino oggi nel Sannio non è solo un contadino, nel senso buono ed autentico del termine, ma un imprenditore aperto al mondo esterno. Toni e Romeo sono questo e anche altro. Ad esempio già nel 2004, quando la cantina, appena neonata, mosse i primi passi, la scelta di sposare il biologico fu un percorso, non solo filosofico, ma netto e senza alcun rimorso. A distanza di anni Terra di Briganti è adesso in pieno iter per la conversione biodinamica. Del resto chi amerebbe la chimica invasiva laddove magari, appena oltre il vigneto, c’è la propria casa con i propri figli a scorrazzare in giardino tra cani e gatti? Toni e Romeo non si sono mai posti il problema di avere rese più basse rispetto ai conferitori della maxi coop locali, così come non si sono mai stancati di rispettare i protocolli biologici-biodinamici e la cura del vigneto, mettendo da sempre la tutela della propria terra al centro della loro passione artigianale. Passiamo ai numeri. 40mila bottiglie all’anno di produzione nell’ambito di 8 ettari complessivi quasi tutti nella zona intorno a Casalduni, ad eccezione di un lembo di terra a Torrecuso dove l’Aglianico nasce su terreni assai sciolti e sabbiosi mostrando il suo lato autarchico e potente. Oltre all’Aglianico, Terra di Briganti produce e lavora tra i rossi lo Sciascinoso, un vitigno redivivo e quasi abbandonato in passato, ed in misura minore il Piedirosso. Tra i bianchi troneggia la loro Falanghina, seguita a ruota da Fiano e Coda di Volpe. L’azienda conduce le lavorazioni agricole secondo i dettami dell’agricoltura biologica, pratica che è certificata dall’organismo di controllo Suolo e Salute. Le concimazioni sono effettuate con sovescio, i trattamenti antiparassitari con zolfo e rame, nebulizzati a basso volume così da evitare sprechi di acqua. L’inerbimento è parziale e le lavorazioni interfilare avvengono con scalzante. Microvinificazioni sempre più premianti stanno spingendo i De Cicco bros a lavorare con dosi assai basse di solfiti (immessi giusto prima dell’imbottigliamento) e, in alcune tipologie di vino offerte al mercato, addirittura senza solfiti aggiunti.
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