La provincia di Benevento è nel cuore dell’Appennino Sannita che fa parte dell’Appennino meridionale. È un territorio di confine e di transito naturale quando dalla costa tirrenica ci si sposta a quella Adriatica e viceversa: confina a sud con l’Irpinia, a ovest con il Casertano, a nord con il Molise e a Est con la Puglia.
Le sue caratteristiche morfologiche, storiche e antropologiche sono talmente uniche che per un momento, dopo l’Unità d’Italia, si pensò di creare una regione a parte, Sannio appunto. Ha sicuramente inciso l’essere stata nel corso dei secoli una enclave dello Stato Pontificio.
La valle del Calore, dove oggi si concentra la maggior parte delle aziende e della produzione di uva, in origine era un bacino chiuso occupato da un lago, di cui il Calore, il Tammaro ed il Sabato erano affluenti. Che la conca in origine sia stata un lago è provato dal fatto che l’odierna piana di Benevento e quasi tutte le colline che la circondano, sono di formazione terziaria (compresa tra 70-63 e 1-2 milioni di anni fa), composte cioè di stratificazioni ghiaiose, o ammassamenti di ciottoli misti a calcare ed arenaria.I terreni sono costituiti in massima parte da elementi argilloso- calcareo – silicei, con qualche raro masso erratico di granito nel Fortore. Non sono rare invece le concrezioni conchiliacee e le incrostazioni ittiche (Pietraroja, Castelfranco in Miscano), i giacimenti di marmi colorati (Vitulano, Cautano, Paduli), e di selci trasparenti e calcedonio comune. Non mancano in zona, come in quasi tutta la Campania, i segni di attività vulcanica, come nelle aree Vitulanese, Telesina e Galdina. Nell’area Telesina e Titernina, poi, oltre alle sorgenti d’acqua termali e minerali, vi sono grandi giacimenti di tufo grigio, formati evidentemente da ceneri vulcaniche, e di lignite (Pietraroja), che è indizio dell’origine vulcanica di quei terreni. Nel settore nord-est, tra il Tammaro ed il Fortore, non vi è nessuna traccia di terreno vulcanico oltre al tufo di Monte Caffarello, in quel di San Marco dei Cavoti. Bisogna andare al di là del Fortore nella regione Galdina, per trovare un’altra zona vulcanica. Nel sito detto “Fontane Padule”, ad est di San Bartolomeo in Galdo e tra il bosco Montauro ed Alberona, si trovano ad una certa profondità pomici, scorie, pezzi d’ossido nero di manganese e di ferro fuso in forma spirale, oltre a strati di torba papiracea, un’immensa quantità di piriti e strati di ferro carbonati litoide. Sorgenti d’acqua termo-minerali vengono fuori da tutti i punti del suolo della provincia.
Greci, Sanniti (Pentri, Carricini, Caudini, Irpini), Romani, Goti, Bizantini, Longobardi, Normanni, e ancora Stato Pontificio, Regno delle Due Sicilie, Stato sabaudo, tutti insieme hanno disegnato il paesaggio locale, contribuendo a costruire un mosaico della identità della sua comunità.
Il paesaggio sannita è caratterizzato da innumerevoli segni lasciati dalle culture che si sono succedute nel tempo – il suo “deposito di storia” che testimonia il passato, il presente e il futuro – ma anche da una forte vocazione vitivinicola, segni e vocazioni territoriali che identificano la sua impronta ambientale e culturale.
Diecimila ettari vitati, settemilanovecento vignaioli, circa cento aziende imbottigliatrici per oltre un milione di ettolitri di vino prodotto, tre denominazioni di origine e una indicazione geografica per più di sessanta tipologie di vini, un potenziale di cento milioni di bottiglie, sono gli elementi salienti del vigneto Sannio, che assegnano alla provincia beneventana il primo posto nel comparto vitivinicolo della Campania (circa il 50% della superficie viticola e della produzione vinicola regionale).
Aglianico, sommarello, piedirosso, sciascinoso, agostinella, falanghina, cerreto, coda di volpe, grieco, malvasia, fiano, ma anche passolara di San Bartolomeo, olivella, carminiello, palombina, moscato di Baselice, sono solo alcuni esempi del patrimonio della biodiversità sannita.
Viaggiando attraverso le sue colline è possibile comprendere quanto la viticoltura sia caratterizzante il territorio, e quanto sia soggetto tutelante il paesaggio e fonte di sostentamento economico delle sue genti. Non deve sorprendere quindi, che nella provincia più agricola della Campania, il primo posto nella produzione di reddito in agricoltura spetta proprio al comparto vitivinicolo.
In alcune aree la vite e la sua epoca vegetativa, scandiscono il tempo della vita della comunità locale, in particolare nelle aree tra il massiccio del Matese e il Taburno, e dalle pendici del Taburno al fiume Calore.
Oggi l’intero comparto, attraversa un rinnovato entusiasmo, partendo da una trasformazione da area che storicamente era viticola ad area vinicola, con la nascita di nuovi imprenditori e nuove tecniche di conduzione agricola, nel segno di una rinnovata tradizione. Non a caso operano nella provincia strutture associative sotto forma di cooperative, che riuniscono insieme quasi duemilacinquecento viticoltori, realtà associative e produttive uniche in ambito regionale e meridionale.